La sera del 16 gennaio 1969 un giovane studente praghese, Ján Pálach, si recò in Piazza San Venceslao. Teneva nascosta nel cappotto una bottiglia piena di benzina. Proprio all'inizio della grande piazza, davanti al Museo, con calma si tolse il cappotto, si versò addosso la benzina e si diede fuoco, senza un grido. Quando gli chiesero chi gli avesse fatto una cosa del genere, Ján rispose semplicemente: "Sono stato io". Non disse altro. Accorsero immediatamente gli agenti della Bezpecnost' e il ragazzo fu trasportato in ospedale, dove morì poco dopo. Il giorno dopo un trafiletto di poche righe avvertiva dell' "insano gesto di uno squilibrato", ma fu subito a tutti chiaro quale significato avesse il gesto disperato di Ján Pálach. I suoi funerali furono seguiti da migliaia di persone in silenzio, proprio come si racconta nella canzone di Francesco Guccini. Malgrado le (ovvie) strumentalizzazioni, il sacrificio di Ján Pálach fu e resta esclusivamente un gesto di libertà, un grido contro tutte le tirannie, di qualsiasi colore esse siano. Il punto dove Ján Pálach si diede fuoco è stato sempre coperto di fiori. Prima del 1989, delle "solerti" mani provvedevano a rimuoverli ogni giorno; adesso vi sorge una piccola lapide con la foto del ragazzo. Nessuno toglie più i fiori, ma ce ne sono molti meno di prima.
Carola Alt
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