f Nik's room: giugno 2007
  • L’ultima cera [parte terza] - Funerali di Berlusconi, presente anche Mattarella. Non si fidava. Mattarella è apparso scuro in volto. Sperava ci fosse anche stavolta Benigni. (Ma anche q...

21 giugno 2007

Incenso carissimo

Ai più informati non sarà difficile ricordare a quanto ammonta il gettito garantito alle casse della CEI dall’8 per mille dell’imposta sul reddito dei contribuenti… bravi! Circa un miliardo di euro all’anno.
Ma non tutti si saranno dati pena di andare a cercare informazioni su quanto annualmente ci costa il profumo dell’incenso…

“Al miliardo di euro dell’8 per mille dei contribuenti, va aggiunta ogni anno una cifra dello stesso ordine di grandezza sborsata dal solo Stato (senza contare regioni, province e comuni) nei modi più disparati: nel 2004, ad esempio, sono stati elargiti:
  • 478 milioni di euro per gli stipendi degli insegnanti di religione
  • 258 milioni per i finanziamenti alle scuole cattoliche
  • 44 milioni per le cinque università cattoliche
  • 25 milioni per la fornitura di servizi idrici alla Città del Vaticano
  • 20 milioni per l’Università Campus Biomedico dell’Opus Dei
  • 19 milioni per l’assunzione in ruolo degli insegnanti di religione
  • 18 milioni per i buoni scuola degli studenti delle scuole cattoliche
  • 9 milioni per il fondo di sicurezza sociale dei dipendenti vaticani e dei loro familiari
  • 9 milioni per la ristrutturazione di edifici religiosi
  • 8 milioni per gli stipendi dei cappellani militari
  • 7 milioni per il fondo di previdenza del clero
  • 5 milioni per l’Ospedale di Padre Pio a San Giovanni Rotondo
  • 2,5 milioni per il finanziamento degli oratori
  • 2 milioni per la costruzione di edifici culto, e così via.
Aggiungendo una buona fetta dl miliardo e mezzo di finanziamenti pubblici alla sanità, molta della quale è gestita da istituzioni cattoliche, si arriva facilmente a una cifra complessiva annua di almeno tre miliardi di euro. Ma non è finita perché a queste riuscite uscite vanno naturalmente aggiunte le mancate entrate per lo Stato dovute a esenzioni fiscali di ogni genere alla Chiesa, valutate attorno ad oltre 6 miliardi di euro.”

Il testo virgolettato è tratto da "Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)" di Piergiorgio Odifreddi - Longanesi - 2007 - pag. 165-167.

Fra uscite e mancate entrate fanno 9 miliardi di euro, ovvero circa 18.000 miliardi delle vecchie lire, pari al 45% della manovra finanziaria del 2006, che ci costò 20 miliardi di euro. Senza la Chiesa e i suoi privilegi economici, lo Stato potrebbe dimezzare le tasse di tutti i suoi cittadini.

20 giugno 2007

Sinistra democratica anche in Trentino

Un Movimento, non "un altro" partito. Un Movimento che lavora per l'unità delle forze della sinistra italiana, oggi per la prima volta insieme al governo del Paese, che sostiene l'Unione e che guarda al Partito democratico come un alleato nell'impegno comune per sconfiggere il centro-destra.

Ci rivolgiamo alle persone che votavano a Sinistra e che hanno smesso di farlo perché non si sentivano rappresentati. Una Sinistra che si impegna per un profondo rinnovamento etico della politica, per la semplificazione e la riduzione dei suoi costi, per nuove modalità di partecipazione politica, contro le logiche oligarchiche e antidemocratiche che hanno provocato il distacco dall'impegno diretto e dalla partecipazione.

Ci rivolgiamo alle persone che sentono la necessità di superare le divisioni del passato e intendono operare perché i grandi filoni della Sinistra Italiana si incontrino con le nuove culture di genere, ambientaliste, sociali, partecipative e di solidarietà interculturale per costruire una Nuova Sinistra Italiana, aperta e democratica dove la passione ideale alimenta l'impegno di persone libere e consapevoli, di Sinistra.

Venerdì 29 giugno ore 17.30 c/o la Sala Pubblica di Povo è convocata la prima riunione della Sinistra Democratica del Trentino.

19 giugno 2007

Santo cielo, Professore!

Ho appena finito di leggere il libro "Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici)" di Piergiorgio Odifreddi (docente di Logica Matematica al Politecnico di Torino). A tal riguardo propongo la puntata di Le Storie (programma di Corrado Augias) "Santo cielo, Professore!" con l'autore del libro.

In me l'ateismo non è nè una conseguenza, nè tanto meno un fatto nuovo: esso esiste in me per istinto. Sono troppo curioso, troppo incredulo, troppo insolente per accontentarmi di una risposta così grossolana. Dio è una risposta grossolana, un'indelicatezza contro noi pensatori: anzi, addirittura, non è altro che un grossolano divieto contro di noi: non dovete pensare.

[Friedrich Nietzsche]

13 giugno 2007

Ginevra: momenti di concentrazione prima della gara

Cosa starà pensando?Ipotesi 1:Ipotesi 2:
Visti i risultati (2 volte 14''49), meglio non pensare troppo agli ostacoli...

Pictures from
AtletiCAGenève © Pablo Cassina

05 giugno 2007

No Shopping

Spegnere la luce, evitare l'aereo, fare la spesa verde. Non basta. È sempre consumismo. Per salvare il pianeta bisogna smettere di comprare. Ecco l'ultima provocazione dal mondo anglosassone.

A Londra apre un nuovo Ikea: migliaia di persone passano la notte accampate all'entrata, per poi prendersi a botte per dei divani di pelle. TopShop lancia una linea di vestiti firmata Kate Moss: centinaia di giovani donne si riversano su Oxford Street come "uno sciame di cavallette". Sainsbury's, catena di supermercati, vende una borsa firmata dalla stilista Anya Hindmarch. È un prodotto ecologico: una borsa di corda ("this is not a plastic bag", questa non è una busta di plastica, è scritto in corsivo sullo sfondo di tela bianca).
A otto minuti dall'apertura, di queste borse non ne è rimasta neanche una. Adesso le potete comprare su e-bay, ma il loro prezzo è salito alle stelle: dalle cinque sterline iniziali a duecento.
Scene diventate comuni nelle società del benessere, dove lo shopping è un passatempo nazionale, un'attività ricreativa che dà significato alle nostre vite. Ma anche un'attività assassina. Parola di Jonathon Porritt, figura chiave del movimento ambientalista inglese e consigliere del governo Blair (dirige la commissione sullo Sviluppo sostenibile): "Sono molte le grandi idee che nei secoli hanno dominato il pianeta", ha dichiarato all'Observer. "Fascismo. Comunismo. Democrazia. Religione. Ma solo una ha raggiunto la supremazia totale. Una teoria dal fascino talmente compulsivo da privare i suoi seguaci della ragione e del buon senso. Da generare ineguaglianze inaccettabili e minacciare di distruggere il sostrato vitale della nostra società. Più potente di qualsiasi altra causa, persino della religione, ha raggiunto ogni angolo della terra. Si tratta del consumismo".
Insignito nel 2000 dalla regina del titolo CBE (Commander of the British Empire) per il suo lavoro a difesa dell'ambiente, Sir Jonathon Porritt è un ambientalista convinto, ma certo non un radicale, non un estremista, non un sostenitore di quelle tesi ecologiste che, diceva il cancelliere tedesco Kohl, "sono come i pomodori; inizialmente verdi, finiscono sempre per diventare rosse". È rispettato dagli ambientalisti, ma è amato anche dall'industria, dalle multinazionali e dalle imprese; il suo è un messaggio "con il quale il mondo degli affari si stupirà di trovarsi d'accordo". Così, perlomeno, scriveva il Financial Times nel 2005.
Chissà se lo sosterrebbe ancora oggi, date la severità e durezza di queste sue ultime affermazioni.
Moderato, prudente, accomodante (fin troppo, sostiene George Monbiot, autore di Calore, uscito in Italia da Longanesi, che lo ha accusato di essersi venduto al mercato, alle multinazionali), eppure Porritt non se la sente più di pazientare. È categorico: "Se vogliamo salvare il pianeta, dobbiamo smettere di comprare". Paradossalmente, questa affermazione arriva proprio quando il commercio equosolidale, le compere ecologiche, i prodotti targati RED (
che finanziano la lotta all'Aids in Africa) iniziano a riscuotere un gran successo. Spendiamo ma abbiamo la coscienza a posto perché sappiamo che parte dei profitti verranno devoluti a cause giuste.
Sforzi insensati, dice Porritt, tentativi inutili, ribatte Peter Lewis, sostenitore di Buy Less (Compra Meno), un sito il cui motto è: "lo shopping non è una soluzione, compra meno, dona di più". "Dobbiamo smettere", dice Lewis, "di illuderci che comprando possiamo risolvere i problemi che affliggono il mondo".
"Quello che preoccupa Porritt e la sua generazione, me compresa", afferma Jackie Ashley del Guardian, "è che ben presto tutta la popolazione del pianeta inizierà a comportarsi e a consumare quanto noi occidentali. Dobbiamo preoccuparcene.
Parliamo tanto di come la democrazia si stia espandendo in Asia, di come un giorno raggiungerà l'Africa. Ma se a questa democratizzazione si accompagna lo spreco che caratterizza le democrazie occidentali, allora, si salvi chi può". Su questo, Ashley, Monbiot e Porritt si trovano d'accordo: dobbiamo finire di comprare (di produrre, di sprecare) nella maniera ossessiva, eccessiva, irrefrenabile cui siamo abituati.
Martin Rees, direttore dell'Accademia delle Scienze, preside del Trinity College di Cambridge: "Sta a noi, ai governi ma anche ai singoli cittadini dei Paesi industrializzati", sostiene, "assumerci delle serie responsabilità, anche se questo può voler dire dover imparare a consumare meno energia, e a consumarla in maniera più efficiente".
Consumare poco, e non solo energia. Da oggi in poi non basta più spegnere la luce, prendere la bicicletta invece dell'auto, evitare l'aereo: dobbiamo anche, semplicemente, comprare meno - meno cibo, meno vestiti, meno libri e persino meno prodotti ecologici: l'episodio della borsa di Anya Hindmarch lo dimostra, lo shopping ecologico altro non è che una variante dello stesso forsennato consumismo che sta distruggendo il pianeta.
Non sono i soli a crederlo: in America e in Inghilterra sta crescendo il numero di persone che sceglie di vivere con poco. Negli Stati Uniti ci sono i Froogles, una comunità di persone legata da Internet e unite dalla decisione di ridurre al minimo le spese barattando beni, The Compact, un'associazione nata a San Francisco che ha come scopo quello di boicottare tutti i prodotti considerati inutili. Senza contare persone come Colin Beaven e Michelle Conlin, una coppia newyorkese che in un blog racconta come ha deciso di vivere senza produrre rifiuti, senza buttare neanche la carta igienica o come la giornalista Judith Levine, che nel suo bellissimo Io non compro: un anno senza acquisti (Ponte alle Grazie) racconta di un anno trascorso senza acquistare nulla tranne cibo e medicine.
In Inghilterra è nato il movimento dei VS, di coloro che adottano la "Voluntary Semplicity", scegliendo uno stile di vita più semplice, c'è il Freecycle.org, per chi gli oggetti preferisce scambiarli, piuttosto che acquistarli. E ci sono i downshifters, coloro che hanno deciso di lasciare lavori ben pagati e di ridurre i consumi.
Sono persone come Kate Moore, che ha abbandonato una vita frenetica nella City per trasferirsi con tutta la famiglia in campagna, in una casa riscaldata da pannelli solari, da dove si muove solo in bicicletta e certo non per andare al supermercato.
Le spese, ridotte all'osso, riguardano solo prodotti locali. Risultato? "I miei colleghi di un tempo mi prendono in giro, ma noi stiamo bene così. Facciamo le cose di sempre: usciamo, ci divertiamo, beviamo (anche troppo!) e abbiamo una vita più ricca - a riprova del fatto che non è necessario guadagnare molto per essere contenti. Siamo più felici".
Affermazione inaspettata, dato che, come ha scritto Ashley, "il problema con il crescente numero di persone che sposa quest'etica anticonsumista è che fanno presto a sembrare sconsolati fondamentalisti".
Ma, ed è questo il punto interessante, questi downshifters, questi froogles, fondamentalisti non sono. Si tratta, piuttosto, di persone qualsiasi che vogliono fare qualcosa per l'ambiente: come i 1.500 abitanti della cittadina - tradizionale, conservatrice - di Madbury, nel Devon, che dal primo maggio hanno bandito le buste di plastica.
Più che rivoluzionari, questi downshifers, sono testardi e puritani. I loro modelli sono, per gli americani, personaggi reali come Henry Thoreau o letterari come Robinson Crusoe; per gli inglesi l'Inghilterra dell'immediato dopoguerra. "Per una persona nata tra il 1940 e il 1950", dice la columnist Michele Hanson, "vedere il livello di spreco cui siamo arrivati è disgustoso.
Noi siamo cresciuti in anni in cui tutto era razionato - non solo il cibo, ma anche i vestiti, assolutamente tutto. E ci hanno insegnato a non sprecare niente, a "make-do and mend", ad arrangiarci e ad aggiustare, mentre oggi l'imperativo è fregatene e butta via".
Ma risparmiare, avere uno stile di vita frugale (riciclare la stagnola, ricucire i buchi, strizzare il tubetto del dentifricio fino all'ultimo e comprare vestiti usati) può essere scambiato per taccagneria.
Niente affatto, dice Porritt. "Non si tratta di essere tirchi, meschini, avari, ma solo di comprare cose di cui non abbiamo bisogno. Non proponiamo uno stile di vita austero e punitivo, ma semplice e per questo elegante".
Peccato che questo stile di vita non convinca tutti - e non solo per una questione di immagine. Comprare meno, produrre meno, spendere meno - vuol dire generare cambiamenti economici e sociali profondi.
Potrebbe fermare l'economia. Vorrebbe dire, magari, rinunciare al capitalismo: ma non sarà mica vero che questi ecologisti finiscono sempre, come i pomodori, per trasformarsi da verdi in rossi?
Assolutamente no. Anzi. Porritt sostiene che il capitalismo è l'unico sistema economico capace di salvare il pianeta: ma non il capitalismo feroce, privo di regole e di limiti di oggi.
Fortunatamente, però, quello che conosciamo non è l'unico capitalismo possibile, e se lo crediamo è perché, dice Porritt, "abbiamo fatto un patto con il diavolo, abbiamo rinunciato alla giustizia sociale e alla cura dell'ambiente in cambio di un livello crescente di prosperità e di consumi".
Ci siamo lasciati convincere, dai conservatori, dalle imprese, dai monopoli, che il capitalismo può funzionare solo così: chi ne dubita viene considerato uno sciocco, un irresponsabile, un illuso idealista e un traditore ("Andate a fare shopping", disse ai suoi cittadini, poche ore dopo l'attacco dell'11 settembre, il sindaco di New York Rudolph Giuliani. Comprate, altrimenti i terroristi l'avranno vinta, dichiararono allora Cheney e Bush). Ci siamo lasciati persuadere che un capitalismo responsabile, etico, che investe in tecnologie rinnovabili ed ecologicamente efficienti, non sulla quantità, ma sulla qualità dei prodotti, è una contraddizione in termini, un sogno impossibile. Così pensiamo che solo il mercato può aiutarci ad appagare tutti i nostri desideri, solo comprando possiamo essere felici.
Quando in realtà, scrive Judith Levine, il mercato ci offre "qualcosa che precede la gratificazione: nomi infiniti per il desiderio".
Abbiamo smesso di saper distinguere tra necessità e desideri, e finiremo per provare la stessa compassione, la stessa ammirazione, per le migliaia di donne che fanno la fila per la borsa di Anya Hindmarch come per chi è costretto a farlo per un pezzo di pane, un goccio d'acqua, per sopravvivere.
Ma così non è, così non deve essere. Un sistema capitalista diverso non solo è possibile: è anche la nostra unica via di salvezza. Se vogliamo evitare un disastro ecologico dobbiamo imparare dai downshifters: diminuire le spese, adottare uno stile di vita più austero, più posato, più lento. Ma questo almeno sarà bene farlo rapidamente. Come ha dichiarato Tony Juniper, direttore di Friends of the Earth, "se vogliamo che per la fine di questo secolo il nostro pianeta sia ancora terra abitabile dobbiamo ridurre drasticamente i consumi". Da subito.

di Barbara Placido

02 giugno 2007

Viva il Re

Il 2 giugno 1946 con 12.717.923 voti a favore era nata la Repubblica Italiana!
E se fosse andate diversamente? Ora al Quirinale si sarebbe un losco personaggio che avrebbe fatto bene a rimanere lontano dall'Italia.

Ti serve il partito democratico

Se vieni eletto sindaco, governi 5 anni e poi il tuo avversario prende 30 punti più di te, è perché ti serve il partito democratico.

Se vieni eletto sindaco dalla sola sinistra, governi per 5 anni, e poi quando ti ricandidi con tutto il centrosinistra prendi al primo turno meno dell’altra volta, è perché ti serve il partito democratico.

Se in una città toscana la destra al potere litiga pesantemente con un sindaco e un ex presidente del Senato che si insultano pubblicamente e per di più i sondaggi danno in vantaggio il centrosinistra, e poi sei sotto di 6 punti, è perché ti serve il partito democratico.

Se in una provincia in cui governi da tempo e in cui prevedevi di stravincere vai al ballottaggio e al primo turno e sei a malapena in testa, è perché ti serve il partito democratico.

Se poi nella stessa provincia l’ulivo prende un punto in meno dei ds di 5 anni fa, è perché ti serve il partito democratico.

Se in un paese il centrosinistra prende il 10% e supera forza nuova di ben 30 voti, è perché ti serve il partito democratico.

Se sei segretario del maggiore partito del centrosinistra, se affossi i DiCo per dare retta al family day, se vai al gay pride ma non ti sogni mica di aderire, se hai un’idea di welfare conservatrice e familistica che nemmeno i democristiani tedeschi o spagnoli, se dai ragione al presidente degli industriali che parla di merito e concorrenza mentre è anche presidente di un’azienda che vive di aiuti di stato e sceglie come manager i rampolli cocainomani, non ti serve il partito democratico, ti basta un bravo psichiatra.

tratto da Angolosbocco
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