f Nik's room: settembre 2007
  • L’ultima cera [parte terza] - Funerali di Berlusconi, presente anche Mattarella. Non si fidava. Mattarella è apparso scuro in volto. Sperava ci fosse anche stavolta Benigni. (Ma anche q...

28 settembre 2007

The last competition

Questo week-end sarò impegnato a Caorle (VE) con i Campionati di Società - Finale Argento (ultima gara della stagione). Purtroppo non potrò correre i "miei" 110hs: il mio adduttore non me lo permette ancora. In compenso mi aspettano le due staffette (4x100m e 4x400m).
Peccato! Avrei voluto fare la mia ultima gare di ostacoli e poi dire "goodbye". Ora, dopo oltre 200 gare di ostacoli posso anche dire basta (anche se la cosa mi dispiace alquanto).
L'anno prossimo? Climbing, surf, chess or....? We will see.
This one was an athlete!!!

27 settembre 2007

Hot!

The famous shot of the Vietnamese bonze. He's burned to protest against the Vietnamese government in 1975.

Every time I see at this picture I stop breathing for a while.

26 settembre 2007

25 settembre 2007

Work

‘Il lavoro della poesia’ è una frase che ho inventato perché vorrei
cominciare soffermandomi su due significati della parola ‘work’.
Prima di tutto dire in inglese che ‘a thing works’
significa che una cosa opera in modo positivo,
con successo, come cosa in sé;
essa adempie le sue funzioni come meccanismo o sistema.
In questo senso possiamo dire che un motore ‘works’ o una formula ‘works’, o uno strumento , o un disegno , o una poesia ‘works’. [...]
La seconda parte del mio discorso riguarderà l’altro significato di ‘work’. [...]
Quello che ricava il proprio senso dalla legge fisica:
mi è stato insegnato che in fisica il lavoro è fatto quando una forza
è mossa attraverso una distanza. [...]
Io credo che un’opera d’arte, una poesia abbia una capacità analoga,
che cioè è una certa forza che deve essere mossa attraverso
una certa distanza estetica.
In questo senso la poesia ‘lavora’ allo stesso modo delle altre cose della vita;
diciamo che è parte del lavoro di una vita, la poesia fa muovere le cose del mondo.

Seamus Heaney - Nobel per la Letteratura nel 1995
da ‘In forma di parole’

20 settembre 2007

XX settembre


Il 20 settembre 1870 l'artiglieria dell'esercito italiano, guidato dal generale Raffaele Cadorna, aprì una breccia di circa trenta metri nelle mura delle città, accanto a Porta Pia, che consentì a due battaglioni (uno di fanteria, l'altro di bersaglieri) di occupare la città.
Combattimenti con le truppe pontificie, costituite soprattutto da mercenari svizzeri zuavi e turchi portarono presto alla conquista della città fra l'entusiasmo popolare. Il papa Pio IX si dichiarò “prigioniero politico” e si chiuse in Vaticano.
Terminò dopo 1143 anni il potere temporale della Chiesa.

La data venne dichiarata festa nazionale e resterà tale fino al 1930 quando fu abolita da Mussolini. Ma forse non sarebbe opportuno ripristinare questa festa?

“PORTA PIA - LA BRECCIA DELLA LIBERTÀ”: MANIFESTAZIONE CONTRO IL FONDAMENTALISMO CLERICALE E I PRIVILEGI VATICANI, PER LA LIBERTA’ RELIGIOSA.

Ovviamente parteciperò virtualmente alla manifestazione.

19 settembre 2007

Maratona di lettura

Il diritto di leggere a voce alta
“Strana scomparsa, quella della lettura a voce alta…….
L’uomo che legge a viva voce si espone completamente. Se non sa che cosa legge, è ignorante nelle parole, è qualcosa di penoso, e lo si capisce. Se si rifiuta di abitare la sua lettura, le parole rimangono lettera morta, e si sente. Se riempie il testo della sua presenza, l’autore si ritrae, è un numero da circo e si vede: l’uomo che legge a viva voce si espone completamente agli occhi che lo ascoltano.
Se legge veramente, se ci mette il suo sapere dominando il piacere, se la lettura è un atto di simpatia per l’uditorio come per il testo e il suo autore, se egli riesce a far sentire la necessità di scrivere risvegliando i nostri più oscuri bisogni di capire, allora i libri si spalancano e in essi, dietro a lui, si riversa la folla di coloro che si credevano esclusi dalla lettura.”

Da Daniel Pennac, Come un romanzo, ed. Feltrinelli, 1993

Festival della lettura
Riva del Garda - Arco
21 - 22 - 23 - 24 settembre 2007

Ovviamente partecipo anch'io con i miei 5 minuti di lettura. Ho ancora un piccolo dubbio, ma credo che alla fine la scelta cadrà su una lettera di A.E.

18 settembre 2007

Riguardo il V-day

Volevo scrivere qualcosa anch'io riguardo il V-day, ma quando ho letto questo articolo di Daniele Luttazzi, nel quale mi ritrovo in pieno, le mia pigrizia ha preso il sopravvento e ha fatto si che semplicemente pubblicassi l'articolo.

Buona lettura.

IL COSA E IL COME

di Daniele Luttazzi

Su Beppe Grillo ho tutta una serie di riserve che riguardano il cosa e il come. Spunti per una riflessione, niente di più: Grillo è ormai un tesoro nazionale come (fatevi da soli il paragone: è la "democrazia dal basso" ) e a caval donato non si guarda in bocca. Certo non mi auguro che finisca come Benigni, a declamare Dante in braccio a Mastella (Il Benigni di vent'anni fa si sarebbe fatto prendere in braccio da Mastella solo per pisciargli addosso. E una volta l'ha fatto! Bei tempi.).

AVVERTENZA AI FIGLI DI BUONA DONNA
I figli di buona donna che allignano nei bassifondi della repubblica mediatica saranno tentati di strumentalizzare questo post ("LUTTAZZI CONTRO GRILLO") per dare addosso in modo becero a Beppe, come hanno già fatto inventandosi l'insulto a Marco Biagi durante il V-day. L'alternativa è che me ne stia zitto per evitare l'ennesimo circo: ma dovete ammettere che il tema è troppo interessante, e tacere sarebbe, in fondo, come subire il ricatto dei figli di buona donna. Ho aspettato tre giorni, così almeno ho evitato il rendez-vous immediato. ( L'informazione all'italiana prevede infatti: giorno uno, la notizia; giorno due, la polemica; giorno tre, i commenti sulla polemica; giorno quattro: parlare d'altro. E invece eccomi qua. ) Se questa precauzione non dovesse bastare, vorrà dire che chi ne approfitterà finirà dritto dritto in uno speciale elenco dei bastardi che mi stanno sulle palle.
( Sul quaderno apposito ho già scritto " volume uno ". )

IL COSA
In soldoni, la proposta di legge per cui Grillo ha raccolto 300mila firme mi sembra che faccia acqua da tutte le parti.

Primo, perché un parlamentare con più di due legislature è una persona la cui esperienza può fare del bene al Paese. Pensiamo a gente del calibro di Berlinguer o di Pertini ( talenti che non ci sono più, ma questo è un problema che non risolvi con una legge, ci vorrebbe il voodoo ). Grillo li manderebbe a casa dopo due legislature, in automatico. Perché "i politici sono nostri dipendenti." Le accuse di populismo che gli vengono rivolte sono qui fondatissime, specie quando lui le rigetta usando non argomenti che entrino nel merito, ma lo sfottò, che è sempre reazionario. ( "Gli intellettuali con il cuore a sinistra e il portafoglio a destra hanno evocato il qualunquismo, il populismo, la demagogia, uno con la barba ha anche citato, lui può farlo, Aristofane, per spiegare il V-day." Non è "uno con la barba": è il sindaco di Venezia Massimo Cacciari, filosofo, che ha espresso civilmente il suo parere contrario, argomentando. )

Due, perché chi è condannato in primo e secondo grado non lo è ancora in modo definitivo. In Italia i gradi di giudizio sono tre. Il problema da risolvere è la lentezza della giustizia. I magistrati devono avere più mezzi, tutto qui. ( "Tutto qui" è ovviamente l'understatement del secolo. )

C, perché poter esprimere la preferenza per il candidato ha dei pro e dei contro che si bilanciano ( come il modo attuale ). E' un metodo che in passato, ad esempio, non ha impedito ai partiti di far eleggere chi volevano ( collegi preferenziali eccetera ) . Nè ha impedito alla gente di scegliere, col voto di preferenza, degli autentici filibustieri.

L'illusione alimentata da Grillo è che una legge possa risolvere la pochezza umana. Questa è demagogia.

Ma non è solo il cosa. E' soprattutto IL COME. Un esempio: dato che Di Pietro ha aderito alla sua iniziativa, Grillo ha detto:-Di Pietro è uno per bene.- Brrrr. Quindi chi non la pensa come Grillo non lo è? Populismo.

L'anno scorso, a Padova, gli "amici di Grillo" avevano riempito il palazzetto dove avrei fatto il mio monologo con volantini WANTED che mostravano la foto dei politici condannati. Li ho fatti togliere spiegandone la demagogia: gli amici di Grillo puri e buoni contro i nemici cattivi. Quando arriva Django?

Lenny Bruce sosteneva, a ragione, che chi fa satira non è migliore dei suoi bersagli. Se parli alla pancia, certo che riempi le piazze, ma non è "democrazia dal basso": al massimo è flash-mobbing.

AMBIGUITÀ
Grillo si guarda bene dallo sciogliere la sua ambiguità di fondo: che non è quella di fare politica ( satira e teatro sono politici da sempre, anche se oggi c'è bisogno di scomodare Luciano Canfora per ricordarcelo ) ( -Canforaaaaa!- ), ma quella di ergersi a leader di un movimento politico volendo continuare a fare satira. E' un passo che Dario Fo non ha mai fatto. La satira è contro il potere. Contro ogni potere, anche quello della satira. La logica del potere è il numero. Uno smette di fare satira quando si fa forte del numero di chi lo segue. ( La demagogia è naif. Lo sa bene Bossi, che ieri gli ha pure dato dell'esagerato: perché una cosa sono i fucili, una cosa ben diversa è il vaffanculo. )

Scegli, Beppe! Magari nascesse ufficialmente il tuo partito! I tuoi spettacoli diventerebbero a tutti gli effetti dei comizi politici e nessuno dei tuoi fan dovrebbe più pagare il biglietto d'ingresso. Oooops!

- I partiti sono il cancro della democrazia.- dice Grillo, servendosi di una cavolata demagogica che era già classica all'epoca di Guglielmo Giannini. Come quell'altra, secondo cui " in Italia nulla è cambiato dall'8 settembre del 1943 ". Ma va' là!

Adesso Grillo esalta la democrazia di internet con la stessa foga con cui dieci anni fa sul palco spaccava un computer con una mazza per opporsi alla nuova schiavitù moderna inventata da Gates. La gente applaudiva estasiata allora, così come applaude estasiata ora. Si applaude l'enfasi.

Il marketing di Grillo ha successo perché individua un bisogno profondo: quello dell'agire collettivo. Senza la dimensione collettiva, negata oggi dallo Stato e dal mercato, l'individuo resta indifeso, perde i suoi diritti, non può più essere rappresentato, viene manipolato. E' questo il grido disperato che nessuno ascolta. La soluzione ai problemi sociali, economici e culturali del nostro Paese può essere solo collettiva. A quel punto diventerebbe semplice, anche per Grillo, dire:- Non sono il vostro leader. Pensate col vostro cervello. Siate voi il cambiamento che volete vedere nel mondo.

17 settembre 2007

Thinking about...

originally uploaded by padburyphoto

Shrouded in mist, the city looks so far away. Shall I can see it properly?

16 settembre 2007

I need more time

Da un po' non scrivo e se l'ho fatto è perché pubblico qualcosa di fretta. Il tempo è sempre troppo poco per fare tutto quello che si vorrebbe. Ovviamente ci sono delle priorità e il mio blog non è una di queste. Avrei comunque voglia si scrivere qualcosa di quello che sto facendo e vorrei fare, qualche riflessione su quello che accade attorno a me. Spero di trovare un po' tempo e calma per farlo.
Ora un foto di oggi per dimostrare che ci sono ancora.

12 settembre 2007

08 settembre 2007

L'8 settembre 1943 iniziava la guerra di liberazione dal nazifascismo

Se riflettiamo con attenzione credo si debba riconoscere che l'idea della morte della patria è una interpretazione parziale delle vicende di quel drammatico 1943. Lo dimostrano i tanti atti di eroismo compiuti, per amore della patria e per senso dell'onore nazionale, da soldati e civili che nella più totale assenza di direttive, e di fronte a esempi vergognosi di vigliaccheria da parte delle autorità dello Stato, si assunsero individualmente la responsabilità di combattere i tedeschi o rifiutarono di entrare nei ranghi della repubblica di Salò, anche a costo di andare in campo di concentramento. Quando vedremo la mostra Schiavi di Hitler in Renania e Vestfalia che raccoglie le testimonianze dei soldati italiani internati in Germania dopo l'8 settembre (vedi La Stampa dell’1 settembre), per citare un solo esempio, ci renderemo conto che Tutti a casa è un grande film, ma racconta soltanto parte della storia.

Oltre ai documenti storici (è uscito in questi giorni il volume curato dalla Commissione italiana di Storia militare su La partecipazione delle Forze Armate alla guerra di liberazione e di Resistenza) ci sono poi le testimonianze che ci fanno capire che molti italiani scoprirono o riscoprirono l'amore della patria proprio nei mesi compresi fra la caduta del fascismo e l'inizio della Resistenza. Scrive Piero Calamandrei: «Veramente la sensazione che si è provata in questi giorni si può riassumere senza retorica in questa frase: "Si è ritrovata la patria"». Ancora più eloquente una pagina di Natalia Ginzburg: «Le parole “patria” e “Italia”… che ci avevano tanto nauseato fra le pareti della scuola perché accompagnate dall'aggettivo “fascista”, perché gonfie di vuoto, ci apparvero d'un tratto senza aggettivi e così trasformate che ci sembrò di averle udite e pensate per la prima volta. D'un tratto alle nostre orecchie risultarono vere».

Altri italiani vissero l'8 settembre come morte di quell'idea di patria in cui avevano creduto. Che si trattasse della patria monarchica o della patria fascista, non v'è dubbio che l'una e l'altra morirono insieme e per sempre. Al tempo stesso, nelle sofferenze tremende di quei mesi, quando milioni di italiani si trovarono nella necessità di scegliere avendo per guida soltanto la propria coscienza, nacque un sentimento nuovo di patria. Si fece strada l'aspirazione ad una patria di cittadini liberi e uguali che l'Italia non aveva mai conosciuto nella sua storia. Ma a guardare bene fu rinascita e non nascita perché quell'aspirazione aveva le sue radici nel Risorgimento.

Che con l'8 settembre l'Italia si avviasse dolorosamente a rinascere lo capì con lucidità Benedetto Croce. Il 27 agosto 1943, scrive nel suo diario: «La notizia (dell'imminente armistizio) mi ha talmente eccitato l'anima che non ho potuto fare altro durante il giorno. Gioia? No, ma sentimento che si esce dall'intrico per imboccare una via dolorosa ma dritta».

L'8 settembre è dunque il simbolo della morte e della rinascita della patria. Del resto, poteva esserci rinascita senza morte?

di Maurizio Viroli da la Stampa

Pensieri d'estate

06 settembre 2007

Se dio è un'illusione

Il biologo Richard Dawkins ha scritto un manifesto dell´ateismo

Richard Dawkins è uno dei più noti divulgatori scientifici del mondo, soprattutto grazie a fortunate opere quali Il gene egoista (1976) o L´orologiaio cieco (1986). Nella prima egli difende l´idea, proposta nel 1872 dal vescovo Simon Butler, che i geni sono il mezzo di riproduzione degli organismi, e non viceversa. Nella seconda egli attacca invece l´idea, proposta nel 1802 dal vescovo William Paley, che se uno trova su una spiaggia un orologio biologico, deve per forza dedurre che è stato costruito da un orologiaio.
Come si può intuire fin dal titolo, un corollario di questa seconda opera è che la teoria dell´evoluzione fornisce una spiegazione sufficiente della nascita della vita, e rende superflua la fede: cosa su cui concordano anche i fedeli, che infatti attaccano questa teoria fin dal 1859. Non stupisce dunque che Dawkins sia un ateo professante, né che abbia scritto il potente manifesto ateo L´illusione di Dio, in uscita in questi giorni da Mondadori (pagg.408, euro 19) a proposito del quale l´abbiamo intervistato.

Lei usa la parola «religione» come sinonimo di «teismo». Non crede che dovremmo almeno distinguere le religioni teiste da quelle atee, ad esempio il Cristianesimo dal Buddhismo?
«Se definiamo una religione come un insieme codificato di valori o di regole di vita, allora lei ha certamente ragione: in questo senso, il Buddhismo è una religione che non crede in Dio. Ma io mi concentro su quelle che ci credono.

Forse perché le trova irrazionali? Eppure gli Stoici credevano, pur rimanendo perfettamente razionali.
«Lo loro era una fede di tipo naturalistico, e la stessa cosa si potrebbe dire dei Quaccheri o degli Unitari moderni. Ma, di nuovo, io concentro il mio attacco sulle religioni che hanno credenze soprannaturali».

Perché non si limita a decostruire la nozione di Dio, e vuole addirittura dimostrarne la non esistenza?

«Perché credo che l´ipotesi di un essere soprannaturale che ha creato l´universo, si possa formulare come una proposizione scientifica: in quanto tale, diventa allora passibile non soltanto di verifica, ma anche di refutazione. E la mia tesi è che, parlando da un punto di vista scientifico, questa ipotesi appare molto improbabile».

Non impossibile?

«No. Ma non lo sono nemmeno le fate, o il Mostro di Spaghetti Volante che è recentemente diventato popolare in Internet come parodia di Dio».

Lei usa l´evoluzionismo come arma antireligiosa, ma non crede che esso sia compatibile con la credenza in un Creatore che si limita a intervenire nel primo istante della creazione?

«Certo, ma sarebbe un Creatore ben diverso da quello della Bibbia o del Corano. Nel suo libro La creazione (Zanichelli, 1985), Peter Atkins discute cosa dovrebbe fare un Dio che volesse organizzare le cose in modo che la Natura potesse badare a se stessa e generare autonomamente la vita, e la sua conclusione è che non dovrebbe fare assolutamente nulla!».

Nemmeno «in principio»?

«Il «principio» è appunto il momento a cui Atkins arriva alla fine, dopo aver eliminato tutto il resto. Ma anch´io, come biologo, le posso dire che l´evoluzione per selezione naturale è un modo parsimonioso ed economico di generare la vita, che non necessita di alcun intervento divino».

Rimane ancora la possibilità di pensare a Dio come giustificazione del perché ci sono leggi della natura, e del perché sono quelle che sono.
«Questo lo trovo molto poco soddisfacente, in quanto lascia aperto l´analogo problema di giustificare allora perché c´è Dio, e perché è quello che è».

Lei usa l´evoluzionismo anche per spiegare l´esistenza delle religioni: non crede che la loro emergenza sia troppo recente, rispetto ai tempi lunghi necessari all´evoluzione?
«Questo è vero se parliamo di evoluzione biologica, e del tempo necessario a produrre un cervello che mostri una propensione per le religioni. Ma l´evoluzione culturale avviene molto più rapidamente, come mostra ad esempio il cambiamento delle lingue, o lo sviluppo della tecnologia: queste cose hanno una scala temporale di qualche secolo, ben compatibile con la millenaria storia delle civiltà che hanno sviluppato religioni».

A proposito di evoluzione culturale, molta gente ritiene che la scienza stessa sia un prodotto del pensiero cristiano.
«La scienza occidentale è sicuramente nata nel Rinascimento cristiano, ma questo non significa che debba qualcosa al Cristianesimo: anzi, si potrebbe argomentare che si sia sviluppata non grazie a, ma nonostante il Cristianesimo. E, comunque, non dobbiamo dimenticare le origini greche del pensiero scientifico. E nemmeno gli sviluppi in paesi non europei, soprattutto la Cina».

Visto che abbiamo cominciato a parlare del Cristianesimo, lei crede alla storicità di Gesù?
«La maggior parte degli storici ritiene che sia esistito, e io mi adeguo. Ma credo che Gesù sia stato soltanto una delle molte figure profetiche del suo tempo, tutte più o meno simili fra loro, e che la sopravvivenza del suo culto sia solo un accidente storico».

Cosa pensa del fatto che, tra gli sparuti scienziati cristiani, ci siano comunque premi Nobel come Werner Arber e Charles Townes, o medaglie Fields come Enrico Bombieri e Laurent Lafforgue?
«In genere gli scienziati «credenti» sono religiosi soltanto nel senso astratto di Einstein, ma qualche eccezione che crede letteralmente a cose come la verginità della Madonna effettivamente c´è. Io lo trovo molto difficile da capire, e immagino che ci riescano solo attraverso una compartimentalizzazione della mente: hanno il cervello diviso, e non permettono a una metà di interferire con l´altra».

Cioè, sono scienziati durante la settimana e credenti la domenica?
«Sì, e comunque sono molto pochi: nel libro cito, ad esempio, un sondaggio effettuato all´Accademia Nazionale delle Scienze statunitense, dal quale risulta che il 93 per cento dei membri sono atei o agnostici. Ci sono dati simili per la Royal Society inglese, e sarei molto curioso di sapere se la stessa cosa è vera anche per altre Accademie delle Scienze: ad esempio, per i vostri Lincei».

Townes, che ho citato prima, ha vinto il premio Templeton per la scienza e la religione. Da come ne parla nel suo libro, si direbbe che lei proprio non sopporti la Fondazione Templeton, vero?
« Non mi piacciono i suoi metodi. A volte trovano gente veramente religiosa da premiare, come Townes appunto. Ma spesso si limitano a scovare grandi scienziati che abbiano scritto qualcosa che suoni vagamente simpatetico verso la religione, come Freeman Dyson, e lo premiano. E´ una specie di corruzione finanziaria, e bisogna essere fatti tutti d´un pezzo per rifiutare un premio di più di un milione di dollari. Io, però, non prenderei troppo seriamente queste cose: quando si viene corrotti con somme cosí elevate, si agisce sotto costrizione».
Un altro vincitore è John Barrow, che ha legato il suo nome al Principio Antropico: un argomento che, stranamente, nel suo libro lei apprezza.
«Il fatto è che l´evoluzione spiega perfettamente lo sviluppo della vita sulla Terra, ma ha problemi con le sue origini: si tratta infatti di un evento molto raro, con una probabilità assolutamente minimale, dell´ordine di uno su qualche miliardo. Ma poiché ci sono così tanti pianeti nell´universo, essendoci un centinaio di miliardi di galassie, ciascuna con un centinaio di miliardi di stelle, allora ci si può attendere che ci siano miliardi di pianeti con la vita. E il Principio Antropico descrive quali condizioni questi pianeti debbano avere, per poter sviluppare una vita come la nostra: a me questa sembra una spiegazione scientifica, e per nulla teista».

Il fatto è che il Principio Antropico viene spesso applicato all´intero universo.
«E´ la stessa cosa. La probabilità che le costanti fondamentali della fisica siano finemente calibrate, in modo da permettere all´universo di essere come lo conosciamo, è assolutamente minimale. Ma si può pensare di vivere in un multiverso con tanti universi, ciascuno con i suoi valori delle costanti fondamentali, e allora ci si può attendere che ci siano universi con questi valori calibrati in maniera tale da produrre creature come noi. E il Principio Antropico spiega di nuovo soltanto quali condizioni questi universi minoritari debbano avere, per poter sviluppare una vita come la nostra».

A me non sembra affatto la stessa cosa: un conto è parlare di un gran numero di pianeti, e un altro di un gran numero di universi!
«Sono assolutamente d´accordo con lei: è più plausibile fare questi ragionamenti coi pianeti, che con gli universi. Forse dovremmo chiedere ai fisici se ci sono altre ragioni per credere in un multiverso, invece che in un universo: da quanto ne so, ci sono, ma non so quali siano».

Come risponderebbe a un´obiezione alla Berkeley, del tipo: la scienza fa la schizzinosa con Dio, ma poi crede in cose altrettanto metafisiche o implausibili, dalle stringhe ai multiversi?
«Che c´è una differenza. Un Dio in grado di calibrare le costanti fondamentali di un universo o creare le condizioni per la vita su un pianeta, per non parlare di un Dio in grado di ascoltare e soddisfare le preghiere dei fedeli, dev´essere un´entità molto complicata e complessa. Il multiverso, invece, non è più complicato o complesso di un singolo universo: solo più prolifico e ridondante».

di Piergiorgio Odifreddi da la Repubblica del 6 settembre 2007

Come? L'uomo è soltanto un errore di Dio? O forse è Dio soltanto un errore dell'uomo? - What is it: is man only a blunder of God, or God only a blunder of man?

[Friedrich Nietzsche]

05 settembre 2007

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