f Nik's room: Volti nuovi per un Paese che vuole cambiare
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29 aprile 2006

Volti nuovi per un Paese che vuole cambiare

Ieri sono iniziate le votazioni per l'elezione del Presidente del Senato della Repubblica: seconda carica istituzionale del nostro Paese. E' stata una giornata non senza colpi di scena. Anche se lo spettacolo non è stato molto edificante, non è su questo punto che vorrei soffermarmi, ma piuttosto sulla scelta del centrodestra di candidare il Sen. a vita Giulio Andreotti. L'idea di una sua elezione mi mette molta tristezza. Sarebbe un duro colpa per la già ristretta maggioranza dell'Unione, ma soprattutto sarebbe una battuta d'arresto per tutto il nostro sistema democratico: un evento come questo toglierebbe l'ossigeno a chi si batte per una svolta nella politica per una gestione più trasparente nell'ammistrazione della Cosa pubblica.
Per motivare della mia personale indignazione quando vedo passare le schede con il nome del Sen. Andreotti ho allegato il seguente articolo di Marco Travaglio che racconta dei legami di Andreotti con la mafia attraverso le sentenze dei processi che lo hanno visto coinvolto.
Quasi certamente non verrà eletto e questa parentesi si chiuderà presto (speriamo), ma con conseguenze per l'Italia? E poi qualcuno si stupisce ancora perchè all'estero siamo ancora visti come il Paese dei mafiosi.

La seconda carica dello Stato a un prescritto per mafia?

di MARCO TRAVAGLIO

Il giovin virgulto individuato dalla Casa delle Libertà per la presidenza del Senato, in nome del rinnovamento della politica, si chiama Giulio Andreotti. Molti eccepiscono che l'ex (sette volte) presidente del Consiglio ha pochi tratti in comune con Silvio Berlusconi. Ma almeno uno ce l'ha: una prescrizione. Nella sentenza più agghiacciante (e dunque più sconosciuta) pronunciata nella storia della giustizia occidentale, è scritto che Andreotti ha "commesso" il reato di associazione per delinquere (Cosa Nostra, per la precisione) fino al 1980, e se l'è cavata solo grazie al fattore-tempo. E' la sentenza emessa dalla Corte d'appello di Palermo nel 2003 e resa definitiva dalla Cassazione nel 2004. I giudici di appello parlano di "una autentica, stabile ed amichevole disponibilità dell'imputato verso i mafiosi" fino alla "primavera del 1980". Nel dettaglio, ritengono provate le "amichevoli e anche dirette relazioni del sen. Andreotti con gli esponenti di spicco della cosiddetta ala moderata di Cosa Nostra, Stefano Bontate e Gaetano Badalamenti, propiziate dal legame del predetto con l'on. Salvo Lima, ma anche con i cugini Salvo, essi pure organicamente inseriti in Cosa Nostra"; i "rapporti di scambio che dette amichevoli relazioni hanno determinato: il generico appoggio elettorale alla corrente andreottiana; il solerte attivarsi dei mafiosi per soddisfare, ricorrendo ai loro metodi, talora anche cruenti, possibili esigenze - di per sé, non sempre di contenuto illecito - dell'imputato o di amici del medesimo; la palesata disponibilità e il manifestato buon apprezzamento del ruolo dei mafiosi da parte dell'imputato"; "la travagliata, ma non per questo meno sintomatica ai fini che qui interessano, interazione dell'imputato con i mafiosi nella vicenda Mattarella, risoltasi, peraltro, nel drammatico fallimento del disegno del predetto di mettere sotto il suo autorevole controllo la azione dei suoi interlocutori ovvero, dopo la scelta sanguinaria di costoro, di tentare di recuperarne il controllo, promuovendo un definitivo, duro chiarimento, rimasto infruttuoso per l'atteggiamento arrogante assunto dal Bontate". Insomma "il sen. Andreotti ha avuto piena consapevolezza che suoi sodali siciliani intrattenevano amichevoli rapporti con alcuni boss mafiosi; ha quindi, a sua volta, coltivato amichevoli relazioni con gli stessi boss; ha palesato agli stessi una disponibilità non meramente fittizia, ancorché non necessariamente seguita da concreti, consistenti interventi agevolativi; ha loro chiesto favori; li ha incontrati; ha interagito con essi; ha loro indicato il comportamento da tenere in relazione alla delicatissima questione Mattarella, sia pure senza riuscire, in definitiva, a ottenere che le stesse indicazioni venissero seguite; ha indotto i medesimi a fidarsi di lui e a parlargli anche di fatti gravissimi (come l'assassinio del Presidente Mattarella) nella sicura consapevolezza di non correre il rischio di essere denunciati; ha omesso di denunciare le loro responsabilità, in particolare in relazione all'omicidio del Presidente Mattarella, malgrado potesse, al riguardo, offrire utilissimi elementi di conoscenza". Conclusione: "La Corte ritiene che sia ravvisabile il reato di partecipazione alla associazione per delinquere nella condotta di un eminentissimo personaggio politico nazionale, di spiccatissima influenza nella politica generale del Paese ed estraneo all'ambiente siciliano, il quale, nell'arco di un congruo lasso di tempo, ... incontri ripetutamente esponenti di vertice della stessa associazione; intrattenga con gli stessi relazioni amichevoli, rafforzandone la influenza; appalesi autentico interessamento in relazione a vicende particolarmente delicate per la vita del sodalizio mafioso; indichi ai mafiosi, in relazione a tali vicende, le strade da seguire e discuta con i medesimi anche di fatti criminali gravissimi da loro perpetrati in connessione con le medesime vicende, senza destare in essi la preoccupazione di venire denunciati; . dia a detti esponenti mafiosi segni autentici - e non meramente fittizi - di amichevole disponibilità, idonei... a contribuire al rafforzamento della organizzazione criminale, inducendo negli affiliati, anche per la sua autorevolezza politica, il sentimento di essere protetti al più alto livello del potere legale". Quanto basta per affermare che "il reato è concretamente ravvisabile a carico del sen. Andreotti", anche se "estinto per prescrizione".

tratto da: marcotravaglio.it

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